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“Il ragazzo si romperà il collo”. Invece, il ragazzo, Dick Fosbury da Portland, classe 1947, il collo non se lo è rotto ma con la sua tecnica ha rivoluzionato il salto in alto entrando nella storia dell’atletica leggera. Il suo “Fosbury flop”, il salto dorsale, gli è valso l’oro olimpico a Messico 1968 diventando poi una tecnica universalmente riconosciuta. Fosbury è morto ieri all’età di 76 anni. Ad annunciarlo il suo agente Ray Schulte con un post su Instagram. “È con il cuore pesante che devo annunciare che l’amico e cliente di lunga data Dick Fosbury è morto pacificamente nel sonno domenica mattina presto dopo una breve recidiva di linfoma. Dick mancherà moltissimo agli amici e ai fan di tutto il mondo. Una vera leggenda e amico di tutti”, ha annunciato Schulte. “Il ragazzo si romperà il collo”. Così dissero gli allenatori, cinque anni prima della sua consacrazione a Città del Messico, perplessi quando videro questo liceale di 16 anni sforzarsi di superare l’asticella, non secondo la tecnica del giro di pancia o della forbice, ma a modo suo, dorsalmente. Fino ad allora, Fosbury, figlio di immigrati inglesi, era uno studente di Medford, Oregon, nettamente più portato per la scienza che per lo sport che praticava da sei anni, dopo aver abbandonato il baseball e il basket. Al punto da definirsi, nella sua autobiografia “Wizard of Foz” (“il mago di Foz”) come “uno dei peggiori saltatori in alto dello stato”. La sua perseveranza la trae prima dal divertimento di questi salti a testa in giù. Sono soprattutto rari momenti di fuga per l’adolescente che due anni prima ha perso il fratellino, investito da un camion, mentre erano in sella alle loro biciclette. Una tragedia che sconvolgerà la vita dei Fosbury con i genitori che divorzieranno pochi mesi dopo. Così Fosbury volta le spalle al dolore.

Stanco di raggiungere 1,62 m con le tradizionali tecniche di salto, il giovane Dick finì per provare il back roll nel 1963, al meeting di Grant’s Pass (Oregon) dove superò 1,70 m, 1,76 me 1,82 m fidandosi del suo istinto. “Quando il bilanciere ha raggiunto un’altezza che non avevo mai raggiunto prima, ho capito che dovevo fare qualcosa di diverso. Ho iniziato a cambiare posizione del mio corpo: man mano che il bilanciere si alzava, passavo da una posizione seduta a un’altra più sdraiata sulla schiena. Ho migliorato il mio record e sono arrivato quarto nella competizione. È stato il clic”, ha spiegato nel 2018. Scampato per un soffio alla guerra del Vietnam, congedato per una malformazione alla colonna vertebrale, Fosbury partecipò alla finale della gara di salto in alto ai Giochi del Messico il 20 ottobre vincendo l’oro con tanto di record olimpico saltando la misura di 2.24 metri. “Una volta che ero in aria, potevo sentire lo spazio tra il mio corpo e l’asticella – raccontò -. Sapevo di aver superato l’asticella più alta della mia vita. L’intero stadio è esploso, è stato un grande momento. Non lo dimenticherò mai”. Fosbury improvvisamente diventa una celebrità e arriva, senza davvero rendersene conto, a mettere sottosopra il suo sport. Il “Fosbury flop” viene rapidamente emulato. Lui pero’ non riesce a qualificarsi per i Giochi di Monaco del 1972 e di fatto mette fine alla sua carriera agonistica per completare gli studi in ingegneria civile mentre la sua tecnica viene adottata da 28 dei 40 partecipanti alla gara olimpica. “Pensavo che dopo aver vinto l’oro, uno o due saltatori avrebbero iniziato a usarlo, ma non ho mai pensato che sarebbe diventata la tecnica universale”, aveva raccontato Fosbury nel 2012.

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