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Quindici giorni dopo gli arresti nell’inchiesta “Codice Interno” della Dda di Bari, gli indagati tornano davanti ai giudici per richiedere la revoca delle misure cautelari.

Le nove istanze di Riesame presentate dagli arrestati sottolineano l’assenza di accordi con la mafia. I fatti oggetto di discussione riguardano il presunto voto di scambio politico-mafioso alle elezioni amministrative del 2019 e l’asta giudiziaria per la vendita di un capannone a Matera, presumibilmente pilotata dal clan Parisi.
L’indagine focalizzata sull’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri ipotizza un acquisto di voti con vari incentivi, mirato a far eleggere sua moglie, Maria Carmen Lorusso. Gli arrestati, tra cui Michele Nacci e Bruna Montani, contestano l’accusa di legami con la mafia, nonostante le parentele. La difesa sostiene che, con le dimissioni di Lorusso, Nacci ha rinunciato alla carriera politica, sollevando dubbi sulla possibilità di comportamenti simili.
L’asta giudiziaria coinvolge dieci indagati, tra cui Tommaso Lovreglio e Giovanni Sforza. Gli avvocati argomentano l’assenza di esigenze cautelari per gli imprenditori coinvolti. Nella prossima udienza, si discuteranno le posizioni di Francesco Frezza e Alberto Bellizzi. Mentre l’ultimo dei 135 arrestati, Nereo Zanghi, sarà interrogato oggi dopo essersi costituito in Italia.

Bari: il clan Parisi era dotato di un servizio di “controspionaggio”, sapevano come e quando sarebbero arrivati i Blitz

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