Il 9 aprile 1945, alle 11.57 del mattino, la nave americana Charles Henderson esplose mentre era ormeggiata alla banchina 14 del porto di Bari.
Era piena di ordigni bellici, probabilmente anche di agenti chimici aggressivi.
Nell’incidente persero la vita 50 membri dell’equipaggio americani e 317 lavoratori portuali militarizzati italiani. Fra loro anche un padre e suo figlio di 21 anni, appena laureato e assunto come interprete, che proprio quella mattina si erano dati il cambio. Stamattina il 78esimo anniversario della sciagura, definita la più grave nella storia dell’area mediterranea, è stato ricordato con la deposizione della corona di alloro davanti alla lapide allestita nel 2008 per ricordare le vittime. Presenti, fra gli altri, il vicesindaco di Bari Eugenio Di Sciascio, il presidente dell’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico Meridionale Ugo Patroni Griffi e lo storico Vito Antonio Leuzzi.
“La nave trasportava 6.675 tonnellate di bombe di ogni tipo – ha spiegato Leuzzi -. Era arrivata nel porto di Bari il 5 aprile. I testimoni della tragedia videro prima le fiamme e poi la terribile esplosione che causò anche il ferimento di duemila persone, il danneggiamento di quasi tutta la città, compresa la cattedrale, e l’evacuazione dell’allora ospedale consorziale, oltre che di 900 famiglie”.
“Recentemente – ha proseguito Leuzzi – un gruppo di docenti di fisica del capoluogo pugliese ha calcolato che la detonazione è stata equivalente a una piccola esplosione nucleare, in grado di cancellare un’intera categoria di lavoratori: i portuali militarizzati”. Per ricordare il loro valore, così come quello degli “eroi” che successivamente hanno bonificato il porto, l’Associazione nazionale marinai d’Italia intende chiedere alla presidenza del Consiglio dei ministri il riconoscimento della medaglia al valore militare.
ansa
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